Il mio impegno per il pomodoro riccio di Parma

Tra le tante eccellenze agroalimentare che il nostro straordinario territorio sa produrre, grazie agli sforzi e alle conoscenze di agricoltori capaci, c’è anche il pomodoro riccio di Parma.

Una varietà antica che merita attenzione nell’ottica, che rappresenta un po’ la bussola con cui mi muovo nelle mie iniziative in commissione agricoltura, della tutela e valorizzazione del cibo sano, alla portata di tutti e che garantisce la giusta redditività a chi lo produce.

Ho presentato la mia proposta di legge dal titolo Salvaguardia, valorizzazione e promozione del Antico pomodoro Riccio di Parma” alla fine di settembre. L’iter è solo all’inizio ma credo valga la pena sottolineare alcuni aspetti fondamentali di una legge che sarebbe di grande rilevanza per una produzione significativa per il contesto emiliano.

Il pomodoro Riccio di Parma è una varietà molto antica, le cui prime selezioni furono effettuate dall’agronomo Carlo Rognoni nel 1867 e sono poi continuate fino ai giorni nostri per opera degli agricoltori custodi che ne hanno mantenuto il seme. A differenza di altri pomodori, il pomodoro Riccio di Parma è caratterizzato dalla presenza delle solcature e dalla “spalla” verde, caratteristiche che l’industria conserviera ha considerato come difetti tecnologici, contribuendo così al suo abbandono.

Inadatta alla raccolta meccanizzata, si tratta di una varietà che si sarebbe completamente estinta se non ci si fossero stati gli agricoltori custodi che negli ultimi anni hanno coltivato 42.500 piantine utilizzando il sistema con sostegni, che ha permesso di recuperare una tradizione risalente a oltre 150 anni fa.

Entrando nel dettaglio della legge, l’articolo 1 riporta l’espresso riconoscimento del pomodoro Riccio di Parma e dei siti destinati alla relativa produzione quali patrimonio agroalimentare e culturale nazionale e, in quanto tale, da salvaguardare, valorizzare e promuovere. L’articolo 2 invece è denominato «Produzione e commercializzazione» e disciplina, dunque, due fasi delicate quanto complesse, avuto riguardo sempre ai profili valoriali che il prodotto esprime nonché a quanto previsto dalla legislazione dell’Unione europea e nazionale in tema di etichettatura, presentazione e pubblicità degli alimenti destinati al consumatore finale o alla collettività. L’intera produzione del pomodoro Riccio di Parma è strumento di coesione e di integrazione sociali e assicura l’equilibrio tra crescita economica e sostenibilità ambientale. Essa concorre al contenimento dei fenomeni del consumo dei suoli e dell’abbandono dei terreni.

Con l’enunciato al comma 1 dell’articolo 2, si arriva a prefigurare la filiera del pomodoro Riccio di Parma in chiave etica e socialmente virtuosa, per poi richiedere a tutti gli attori che animano la stessa di assicurare l’armonizzazione degli obiettivi di sviluppo con quelli di salvaguardia ambientale, nel solco del principio di sostenibilità sancito a livello sovranazionale. Il comma 2 dell’articolo 2 stabilisce invece che la commercializzazione del pomodoro Riccio di Parma deve essere coerente con il quadro normativo in materia di certificazione dei prodotti a denominazione, al fine di assicurare e tutelare la leale concorrenza sul mercato e il diritto del consumatore a fruire di informazioni precise, chiare e facilmente comprensibili.

L’articolo 3 dispone quindi un contributo di 100 mila euro al Consiglio per la ricerca e la sperimentazione in agricoltura (CREA) per sviluppare tecniche agronomiche di produzione orientate alla qualità e al miglioramento delle caratteristiche del Pomodoro Riccio di Parma. Il contributo è destinato a potenziare il finanziamento dei progetti di ricerca del CREA con la possibilità di coinvolgere con forme di partenariato altri enti di ricerca universitari, in particolare l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Piacenza. L’ultimo articolo reca la copertura finanziaria.